Kung-Fu Master era “L’ultimo combattimento di Chen” (1972) di Bruce Lee; un concentrato di quell’immaginario che l’attore americano aveva contribuito a diffondere in tutto il mondo con i suoi film. Takashi Nishiyama, l’autore, riprese la visione di Kung-Fu Master in Trojan (1986), pur cambiando completamente scenario, per poi mettersi a fare altro. Da artista eclettico amava sperimentare e con il venir meno di certi limiti tecnologici tentò varie strade, senza però mai dimenticare quelle arti marziali, cui infine ha finito per dedicare buona parte della sua carriera videoludica, in particolare nel suo lungo periodo con SNK. Molti però lo ricordano proprio per Kung-Fu Master, che era talmente rifinito nella sua asciuttezza concettuale da aver ispirato addirittura Shigeru Miyamoto, che non a caso inizierà a lavorare a Super Mario Bros. subito dopo aver curato la conversione per NES del gioco di Nishiyama.
In un’epoca che tende a riproporre praticamente ogni concetto di gioco del passato, non stupisce di vedere spuntare un titolo come Devil's Temple, seguito apocrifo di Kung-Fu Master che tenta in un certo senso di radicalizzarne ancora di più la visione. Tornano quindi i livelli che scorrono in una sola direzione, dieci invece di cinque, ma si parte dalla strada invece che dal tempio. Thomas viene sostituito da suo figlioTommy, personaggio simile al padre, ma con qualche mossa in più e con un tocco di Vigilante che non guasta. Torna la ragazza rapita, questa volta chiamata Lena, e torna il Tempio del Diavolo per il gran finale.
I riferimenti a Bruce Lee e ai film di Kung-Fu si fanno ancora più evidenti. La parte più interessante di Devil’s Temple, comunque, è che è ambientato nel 1987, anno in cui si situa non solo la storia, ma anche la concezione del gioco stesso, visto che appare come un’evoluzione delicata dell'originale cui guarda con insistenza feticista. In un certo senso è lì che situerei anche la visione dell’autore, evidentemente ancorato a quell’epoca e a un certo modo di leggere il mondo di cui non riesce a liberarsi e da cui fatica a emanciparsi. Il gioco in sé non è brutto, nonostante qualche problema con le collisioni che rende gli ultimi due livelli più problematici del dovuto, e la sua inattualità è perfettamente in linea con l’idea di farlo uscire su Amiga nel 2022, in onore a un sentire nostalgico delle generazioni cresciute negli anni ’80 e ’90, costrette a vivere l'evoluzione del medium in un ruolo sempre più marginale. In ultima istanza, è la splendida Polaroid appena sviluppata di un desiderio mai esaudito.
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