Last Duel (Capcom, 1988) è uno sparatutto a scorrimento verticale che mescola sezioni combattute on the road ad altre più classiche in cui il veicolo diventa un’astronave. Diviso in sei livelli, incorpora grossi pezzi della cultura pop videoludica di quegli anni, in gran parte di derivazione cinematografica e fumettistica, ma con un occhio anche alla vasta produzione di videogiochi già in commercio, tra autostrade di città futuristiche in rovina, livelli costruiti come se fossero dei grossi organismi viventi e l’inevitabile scontro finale nella base aliena, raggiungibile però solo dopo aver attraversato una strada ghiacciata. C’è anche una ragazza poco vestita da salvare, che non aggiunge molto al gameplay ma che fa parte delle ossessioni dell’industria di quegli anni, con autori ed editori che pensavano in questo modo di dare una motivazione in più al giocatore medio.
Punitivo sin dai primi secondi, Last Duel è basato su di un sistema di potenziamenti progressivi molto rigido, e offre come elementi distintivi la possibilità di saltare quando si guida l’auto, così da evitare baratri e trappole, e quella di rotolare per schivare i proiettili quando si controlla l’astronave. Sviluppato da Takashi Nishiyama, che nonostante sia diventato famoso più per Kung-Fu Master e altri giochi di arti marziali come Street Fighter e Fatal Fury, conosceva bene il genere degli sparatutto classici avendo realizzato Section Z e Legendary Wings, oltre che Moon Patrol, era complessivamente un po’ troppo anonimo per risaltare, tra feedback dei colpi non proprio eccezionale e un ritmo dell’azione incostante e confusionario, soprattutto in presenza di curve, che facevano apparire nemici e proiettili all’improvviso, rendendoli inevitabili se non se ne conosce la posizione. Rivisitabile ma non essenziale.
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